Introduzione | I fondamentali della Business Continuity (seconda parte)

Quali sono i benefici nell’adozione della Business Continuity all’interno della propria azienda? E cosa può succedere, al contrario, se il piano non c’è e si verifica un incidente grave?

Tabella dei Contenuti

Riprendiamo da dove avevamo lasciato settimana scorsa, in questa nuova puntata della nostra rubrica “Adattarsi, Sopravvivere, diventare Invulnerabili (conoscendo i propri limiti)“.

Oggi risponderemo a due quesiti fondamentali: quali sono i benefici nell’adozione della Business Continuity all’interno della propria azienda? E cosa può succedere, al contrario, se il piano non c’è e si verifica un incidente grave?

Perchè avere un Business Continuity Plan…

Settimana scorsa, nella prima parte di questo articolo, abbiamo capito che cos’è e quali sono le caratteristiche imprescindibili di un Piano di Business Continuity, ma la domanda sorge comunque spontanea:

perché adottarne uno nella propria azienda?

Dicevamo nell’articolo di presentazione della Rubrica:

“Nonostante tutte le catastrofi abbiano inizialmente un impatto negativo sull’immagine aziendale, paradossalmente sono anche un’opportunità unica per dimostrare la capacità di mantenere il controllo anche in circostanze avverse.

Clienti, azionisti e fornitori, ma più in generale il pubblico, avranno un’impressione positiva dell’organizzazione”

La motivazione principale è proprio questa: pianificare la continuità operativa della propria società, sia essa di piccole o grandi dimensioni, permette di mettersi alla prova, dimostrando di poter gestire -e superare- con criterio qualsiasi situazione negativa.

Essere in grado di tramutare un disastro in un vantaggio competitivo è un valore inestimabile, un evento di fronte al quale un osservatore esterno non può rimanere indifferente.

I benefici derivanti dall’avere un piano di continuità che permei a tutto tondo ogni strato societario (personale, stabili, infrastrutture informatiche, i dati di processo, macchinari, impianti produttivi e via di questo passo)?

Vediamoli:

  • Migliorare la percezione e il gradimento della compagnia.

Esibendo un atteggiamento proattivo e dimostrando di essere ben preparati ad affrontare qualsiasi tipologia di rischio, i clienti e il pubblico in generale saranno favorevolmente colpiti. Il guadagno in termini di fiducia può peraltro tradursi concretamente nell’arrivo di nuovi compratori. Migliora allo stesso modo la gestione delle pubbliche relazioni nella fase di crisi, attraverso una più consapevole e controllata strategia comunicativa.

  • Mantenere la competitività.

Nel cercare partner commerciali, molte compagnie oggigiorno esigono standard molto alti e in quest’ottica poter giocare la carta della reputazione è cruciale. In fase di definizione del contratto di collaborazione, garantire un certo livello di prestazioni e dimostrarlo attraverso un BCP fa la differenza.

  • Essere a norma.

Non avere un piano o averne uno inadeguato può esporre il marchio ad azioni legali: si pensi all’incapacità di consegnare il prodotto e/o sforare la scadenza pattuita, violando i termini contrattuali.

  • Proteggere le vendite e i ricavi.

Dando modo di rispettare le consegne e mantenere sempre attivo il processo produttivo, anche durante il disastro.

  • Migliorare il morale degli impiegati.

Gli impiegati cercano stabilità nella compagnia della quale fanno parte. Un piano di continuità ben fatto e accessibile rappresenta certamente un attestato di solidità che favorisce il senso d’appartenenza al gruppo. Inoltre, un organismo che manifesta stabilità crea il presupposto affinché i suoi membri maturino la giusta motivazione per impegnarsi ancor di più, diventando essi stessi agenti attivi del miglioramento.

  • Migliorare le relazioni con gli azionisti e le parti interessate.

L’impegno dimostrato dall’azienda nel migliorare la propria resilienza e poter quindi assorbire qualsiasi colpo senza arrestarsi, incoraggia gli investitori a rinnovare il proprio impegno in un business che gode di ottima salute.

  • Accrescere l’efficienza.

Nell’evenienza che l’incidente sia particolarmente grave e la produzione venga bloccata, avere alle spalle un BCP dà modo di reagire velocemente ed appropriatamente, minimizzando le perdite e i costi. Si pensi ad un istituto di credito che conservi i dati dei propri clienti nel proprio data center e che questo venga compromessi da un attacco informatico; se la perdita di dati iniziale è irreversibile, un piano ben studiato permette quantomeno di contenerla grazie a procedure rodate e di immediata attuazione, senza che sia necessario improvvisare.
I benefici sono tangibili anche nel normale regime lavorativo: migliori performance nei processi gestionali e operativi, una risposta più repentina ai cambiamenti di strategia, contesto, mercato, una migliore adattabilità alle nuove normative.

  • Avere delle alternative.

Quando degli eventi provocano un fermo della produzione o ne alterano il normale funzionamento, un piano di continuità fornisce indicazioni precise su come gestire l’emergenza. Ad esempio, un temporale potrebbe causare un’interruzione energetica in un impianto produttivo; ricorrendo al BCP i responsabili sono in grado di accedere ai locali che ospitano i generatori di riserva per attivarli e garantire la prosecuzione della lavorazione.

… e cosa accade se non c’è (quando serve).

Usiamo la logica inversa. Cosa succede invece in assenza di un’accorta pianificazione?

L’alternativa che si delinea è quantomeno inquietante: priva di un piano strategico precostituito, un’azienda è alla mercè del fato. È plausibile che in casi particolarmente fortunati

si riesca in qualche modo a recuperare il livello originario di operatività. La domanda sorge spontaneamente: è accettabile?

Secondo una stima della FEMA dopo un disastro:

  • il 43% delle compagnie colpite non riapre

  • il 51% chiude entro due anni

  • il 75% delle aziende prive di BCP cessa le attività nell’arco di un triennio

Rinunciare ad affrontare questo tema, equivale ad affidare le sorti della propria attività al caso.

Portiamo ora all’attenzione alcuni casi studio:

Il devastante tsunami che colpì il Giappone otto anni fa ebbe un effetto devastante sulla rinomata casa automobilistica. Ogni giorno di fermo costò ben 72 milioni di euro, 12 fabbriche completamente bloccate, 4 stabilimenti distrutti e 40000 auto non prodotte.
Una delle vittime più illustri del ramsomware NotPetya è stata Maersk, colosso del trasporto marittimo. La compagnia ha dichiarato di aver dovuto ripristinare qualcosa come 4000 server e 45000 personal computer, resi completamente inservibili dal malware. I danni sono stati calcolati (prudentemente) tra i 250 e i 300 milioni di dollari.
Siamo ad un caso recente. Il governo statunitense ha inserito il colosso Cinese in una lista nera, impedendo nella sostanza alle società americane di avere con esso qualsiasi rapporto commerciale. Le cifre non sono ancora a disposizione (se mai lo saranno), ma è interessante come caso poiché dimostra come il rischio per il business possa insidiarsi ovunque. Sebbene ci fossero delle avvisaglie, chi mai avrebbe potuto prevedere una simile evoluzione? Le conseguenze per Huawei potrebbero essere disastrose, ma si presti attenzione a come la società fosse in realtà ben preparata da tempo a questo evento e si sia premunita in tal senso, nella fattispecie sviluppando un proprio sistema alternativo ad Android. È inevitabile che, salvo un’auspicabile riappacificazione tra le parti, l’effetto dell’azione decisa dagli USA avrà conseguenze pesanti, ma sembrerebbe proprio che i cinesi cadranno a prescindere con un paracadute.

Le Minacce all’incolumità aziendale

Come dicevamo in apertura, il rischio è una componente inevitabile del business. Vediamo un riepilogo delle principali minacce:

  • Naturali (le cosiddette “cause di forza maggiore”)

tornado, uragani, tifoni, alluvioni, mareggiate, tsunami, tempeste di neve/sabbia, terremoti, frane, incendi, epidemie, pandemie

  • Incidenti (causati da eventi fortuiti, occasionali)

incendio spontaneo, cortocircuito, guasto di sistemi critici

  • Illeciti (azioni o comportamenti lesivi per l’azienda, da parte di risorse interne o terze)

sabotaggio, spionaggio,incendio doloso, furto di materiale o informazioni, attacchi informatici, terrorismo, pirateria, guerra, disordine civile

  • Disservizi (mancanza di erogazione di una risorsa o un servizio)

blackout elettrico, disservizio su rete idrica, disservizio reti di telecomunicazione telefonica/internet/cellulare/satellitare, guasto infrastruttura IT, servizi web/cloud inaccessibili, fornitore inadempiente, sciopero mezzi di trasporto terrestre/marittimo/aereo

  • Ambientali (disastri causati dall’azione umana sull’ambiente)

inquinamento terreni e acque, fuoriuscita di materiali pericolosi, smaltimento improprio di rifiuti pericolosi/chimici/industriali

La ridondanza non va vista come uno spreco, bensì un investimento. Al contrario, la ricerca forsennata dell’efficienza economica porta benefici apprezzabili nell’immediato, ma aumenta di pari passo la fragilità del business, che diventa suscettibile ad agenti esterni, difficili o addirittura impossibili da controllare o prevedere.

Abbiamo di seguito elaborato alcuni possibili scenari di come questi fattori possano impattare in maniera dirompente su un’attività. Vediamoli subito:

  • Perdita di vendite e ricavi

Nel momento in cui un negozio è costretto a tener chiuso, l’introito potenziale percepito normalmente in questo lasso di tempo viene perso. Allo stesso modo, se ad esempio una manifattura non riceve per tempo le forniture, fosse anche solo per un paio di giorni, non sarà tanto meno in grado di mantenere il livello di produzione consueto. In cascata, una produzione inferiore significa anche un ridotto numero di articoli disponibili per la vendita e di conseguenza un numero inferiore di vendite e ricavi. Spingendosi ancora più in là, un livello di ricavo ridimensionato impatterà anche le future strategie di crescita.

  • Costi accresciuti e dispendiosi

Le interruzioni nella produzione solitamente portano la compagnia a dover fare grossi investimenti per poter riparare al danno subito. Qualora l’interruzione sia causata da una tromba d’aria che abbia portato al danneggiamento e alla chiusura dell’impianto, ci sarà sicuramente bisogno di effettuare delle costose riparazioni sullo stabile e sui macchinari. Lo stesso recupero di eventuali attrezzature scampate al disastro potrebbe necessitare di operazioni di manutenzione e trasporto. Il personale, a meno che non venga pagato a cottimo, dovrà comunque percepire mensilmente lo stipendio.

  • Perdita di clienti

Quando uno specifico prodotto è esaurito o un servizio non è più disponibile, il cliente (perfino il più fedele) sarà naturalmente tentato di orientarsi su altre soluzioni. Più il fermo si protrarrà, maggiore sarà il numero di acquirenti che passerà alla concorrenza; mentre l’azienda, impotente, sarà ancora impegnata a capire come ripristinare una situazione di normalità.

  • Calo nella reputazione

Nel momento in cui non si è in grado di consegnare i prodotti, erogare i servizi promessi, il livello di fiducia da parte di clienti e partner cala drasticamente. Gli istituti di credito saranno meno propensi a fornire un prestito e le altre aziende inizieranno a nutrire dubbi sul riconfermare il rapporto di collaborazione. Una catena di eventi che può rendere ancora più difficoltoso il ripristino delle attività, anche dopo che la crisi iniziale è passata.

Prossimamente nella rubrica

Per oggi abbiamo concluso.

Ricapitolando, inizialmente abbiamo dato una definizione generale della Business Continuity e della sua manifestazione documentale, il Business Continuity Plan; una disciplina “olistica” che tratta a tutto tondo ogni ambito aziendale, fornendo inestimabili strumenti per gestire… ciò che normalmente non è gestibile. In seguito ci siamo concentrati sull’individuazione delle caratteristiche salienti che un buon piano deve avere per risultare efficace all’occorrenza, per poi, nella seconda parte fissare i benefici dell’adozione di tale standard o, in caso contrario, cosa possa accadere in sua assenza.

Nel prossimo articolo dal titolo:

Preparazione | Creare un team per raggiungere l’obiettivo: non fermarsi mai

tratteggeremo i primi passi da compiere per porre le basi di un solido piano di continuità operativa. Vale a dire, come comporre la squadra che dovrà intervenire in caso di problemi e le metodologie con le quali sia possibile stabilire cosa occorra davvero ad un’organizzazione per poter garantire che la propria attività non subisca interruzioni.

A presto sul nostro blog, ma anche sui nostri canali social, per la prosecuzione del nostro viaggio nel mondo della Business Continuity!

Indice della Rubrica

Articoli

  1. Presentazione | Adattarsi, Sopravvivere, diventare Invulnerabili (conoscendo i propri limiti) Un percorso formativo sulla Business Continuity

  2. Introduzione | I fondamentali della Business Continuity
    [prima parte] [seconda parte]

  3. Preparazione | Creare un team per raggiungere l’obiettivo: non fermarsi mai
    [prima parte] [seconda parte]

  4. Integrazione | Seminare la cultura della resilienza

  5. Analisi | Gli strumenti di conoscenza: Valutazione del Rischio & Analisi dell’Impatto sul Business

  6. Progettazione | Dare forma alla resilienza [prima parte] [seconda parte]

  7. Implementazione | Redigere un buon documento di continuità operativa [prima parte] [seconda parte]

  8. Validazione | Un processo continuo di miglioramento

  9. Disaster Recovery | L’ancora di salvezza

Appendici

  1. Catalogo ISO Business Continuity (prossimamente)

  2. La genesi della Business Continuity

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