Come è nato l’evento, quali sono i trend nell’era della digital economy e, soprattutto, cosa è necessario fare per assicurarsi che buona parte della nostra vita e del nostro lavoro, imprescindibilmente legati al mondo digitale, siano a prova di incidente?

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Domenica 31 marzo sarà dedicato al World Backup Day, la giornata mondiale della salvaguardia dei dati.

Come è nato l’evento, quali sono i trend nell’era della digital economy e, soprattutto, cosa è necessario fare per assicurarsi che buona parte della nostra vita e del nostro lavoro, imprescindibilmente legati al mondo digitale, siano a prova di incidente?

 

Sarà un caso che il World Backup Day (da ora in poi WBD) cada esattamente il giorno antecedente il 1° aprile? Non proprio.

Del resto, non sarebbe davvero buffo farsi cogliere in fallo proprio nella giornata mondiale dello scherno, quando ormai il danno è fatto? Il motto ufficiale dell’evento è laconico:

NON FARTI FARE UN PESCE D’APRILE! Fatti trovare preparato: il 31 marzo fai il backup dei tuoi file”.

Far leva sul ridicolo per creare consapevolezza.

Fu questo lo stratagemma di Ismail Jadun, fondatore di 614a ltd. nel 2011 e, contestualmente, del WBD. Prima ancora ebbe l’intuizione felice Maxtor, quando nel 2005 l’ex casa produttrice di hard disk (poi assorbita da Seagate) diede il via al “World Backup Month”.

L’insostenibile leggerezza del Dato

Pur nelle sue diverse iterazioni, l’evento si è da sempre proposto di sensibilizzare su scala globale l’importanza di preservare le informazioni digitali, in un periodo storico sempre più dipendente dall’informatica; nell’immaginario collettivo il dato è onnipresente, trasversale, praticamente eterno, quando in realtà è fragile, effimero per definizione se non trattato con accortezza.

I dati collezionati da Acronis per l’occasione sono quantomeno interessanti:

  • 140.000 rotture di hard disk, ogni settimana…

  • Il 29% delle perdite dati è derivato dall’errore umano

  • Un attacco ransomware ogni 10 secondi

  • 600 miliardi di perdite causate dai cybercriminali

Per le aziende in particolare e come queste (non!) riescano a reagire, il quadro è ancor più impressionante:

  • Il 60% fallisce entro 6 mesi, dopo aver subito un incidente che ha comportato una perdita massiva di dati

  • Il 40% delle aziende è costretto a cessare le attività entro un anno, fiaccato da un danno alla propria infrastruttura IT

  • Il 93% delle organizzazioni che non hanno avuto accesso ai propri dati per 10 o più giorni consecutivamente, finisce per aprire una procedura di fallimento

  • Il 44% di esse non riesce a riprendere le attività a seguito di un grosso incendio alle strutture

Cambiano i tempi, non i rischi

Dal sondaggio annuale condotto sulla propria clientela, Acronis ha rilevato la nascita di un fenomeno inedito: da un lato un incoraggiante 86% delle imprese fa backup regolari su base mensile/settimanale o giornaliera, dall’altro si contrappone il 29% dello stesso campione, che dichiara di aver subito una perdita di dati talmente grave da causare un blocco totale della produzione. Due statistiche apparentemente incompatibili, in quanto nel report sono entrambe indicate con un trend in netta crescita rispetto agli ultimi quattro anni.

Com’è possibile che si facciano più backup ma che, allo stesso tempo, il tasso relativo al data loss cresca?

Per contestualizzare correttamente occorre introdurre un terzo fattore, vale a dire il numero di dispositivi utilizzati per persona: si è capito che, pur essendo vero che la quantità assoluta di backup è cresciuta, lo è ancor di più la massa di dati distribuita in un numero di terminali in rapida ascesa. Le persone hanno sempre più strumenti intelligenti a disposizione, più vie per accedere ai propri dati, quindi… più frammentazione dei contenuti di valore tra device eterogenei e un susseguente rischio accresciuto di perdita dei dati.

Banalizzando: se è ormai divenuta buona pratica, per chiunque, fare una copia dei file importanti contenuti nel notebook di lavoro, ciò non è necessariamente ed altrettanto vero per lo smartphone aziendale.

Mettersi al riparo

Evitare di diventare lo zimbello del villaggio digitale è meno complicato di quel che si pensi. Osservare regolarmente queste quattro indicazioni di base, abbatte gran parte del rischio latente:

  1. Creare un backup dei dati ritenuti importanti. Una copia salvata localmente, ad esempio su un disco fisso esterno e una in remoto sul cloud, cosicché in caso di disastro vi sia sempre una copia di sicurezza.

  2. Mantenere aggiornati il sistema operativo e i software utilizzati . Ogni patch di sicurezza non installata è un biglietto di ingresso gratis per il criminale informatico.

  3. Attenzione ad email ed allegati. Ne abbiamo parlato solo settimana scorsa: la mail è il vettore principale per tecniche di social engineering, ogni giorno più sofisticate e subdole. Al minimo dubbio è meglio evitare di cliccare o aprire mail ed allegati.

  4. Utilizzare un antivirus e che abbia gli aggiornamenti automatici attivati.

In ambito business esiste inoltre una semplice regola aurea, denominata ‘3-2-1 rule‘:

Tre copie per ogni dato rilevante, salvato in due diversi formati, uno dei quali fuori sede.”

Il significato concreto:

  • Tre copie danno la certezza che un singolo incidente non sia mai in grado di distruggere definitivamente un dato

  • Due formati l’hard disk del computer più un salvataggio su un dispositivo esterno (disco usb, nastro, cloud, ecc)

  • Una copia fuori sede così da tutelarsi in caso di disastri (tifoni, allagamenti, incendi, furti, ecc)

 

Fonti: Acronis World Backup DayWorld Backup Day: 2019 Survey ResultsExploring Recent Trends from Acronis’ World Backup Day Survey

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